Qualche giorno fa sono rimasto coinvolto in un inseguimento notturno. Ero tornato a Londra per qualche giorno ma, arrivato nel cuore della notte e nel bel mezzo di uno sciopero dei mezzi pubblici, mi ero dovuto affidare ad un taxi, previa lunga fila al freddo e al gelo.
Il tassista che la sorte mi consegna è un distinto signore di origini indiane, che si fa strada con tranquillità nel traffico notturno, appena meno intenso di quello diurno. Il sonno mi sta appesantendo le palpebre mentre guardo London by night scorrere dai finestrini, quando all’improvviso il taxi inchioda per non prendere un furgone che si era infilato in maniera molto aggressiva laddove la strada si restringeva per via di alcuni lavori in corso.
Il tassista reagisce con un paio di colpi di clacson — tutto sommato una discreta esibizione di aplomb inglese laddove era lecito aspettarsi un rovescio di bestemmioni in romanesco.
Però non finisce qui. Il tassista evidentemente non ha avvertito un sentimento di sincero rimorso provenire dal furgone, né può accettare che detto mezzo, nonostante l’evidente colpa della manovra scorretta, sia ripartito per primo.
Si lancia dunque all’inseguimento. Il motore del taxi comincia a ruggire. Le luci fuori dai finestrini sfrecciano trasformandosi in linee indistinte.
Il taxi guadagna il furgone e gli si pone aggressivamente accanto. “Ora uno dei due sperona l’altro,” penso. Ma l’autista del furgone, fortunatamente, con una faccia di bronzo rara, fa finta di niente. La situazione si protrae per diverse centinaia di metri, finché il furgone non deve svoltare.
A questo punto il taxi inchioda e, finalmente, lo spirito del Tevere confluisce in quello del Gange: con tanto di finestrino abbassato, parte un improperio di dubbie origini inglesi, che io ho interpretato come un antico detto che metteva in relazione fra loro i costumi sessuali di una qualche divinità indù, la sorella e la mamma dell’autista del furgone, e il mestiere più antico del mondo.
Finita lì, fortunatamente. Ma in situazioni come queste ti rendi conto di essere prigionero nell’automobile di una persona completamente sconosciuta, sulla cui lucidità mentale non si hanno in fondo garanzie solide.