È successo verso la fine della mia permanenza a Londra.
Sarà stato che mi capitava spesso di passare per Denmark Street, con tutti quei negozi di musica uno dopo l’altro; quel sottile piacere di guardare la gente mentre prova, o di scoprire nuovi strumenti sbirciando fra le vetrine.
Sarà stato che Guitar Hero e Rock Band spuntavano fuori in ogni party ed in ogni negozio.
Sarà stato il mio collega Harsha, che mi ha fatto capire che si può essere appassionati senza essere per forza dei virtuosi.
Sarà stato il terzo piano di Foyles, con tutti quei libri che mi hanno fatto appassionare di nuovo alla teoria musicale, dirimendo dei dubbi che mi portavo dietro da anni.
Sarà stato che ho scoperto quanto poco costano ormai gli strumenti musicali per chi non ha particolari pretese.
Sarà stato che essere conscio dei propri limiti è una gran cosa, ma mi sono stufato di dare per scontato che tutto ciò che richieda coordinazione psicomotoria mi debba essere precluso perché “sono imbranato”.
Sarà stata quell’improvvisa e inebriante sensazione di libertà che ho provato. Quando sei piccolo, con tutta l’apertura mentale e la buona volontà dei genitori, dei maestri, della scuola, sei comunque soggetto a molte influenze esterne, e non è facile avere la lucidità di trovare la propria strada nel mondo della musica.
Cosa sia stato di preciso non so, ma ho cominciato a maturare questa decisione. Per non muovermi impulsivamente, ho portato su una vecchia tastiera e una chitarra acustica che girava per casa, ho preso a strimpellare e leggiucchiare. E alla fine il momento è arrivato.
Ringrazio i miei per il regalo: anche l’occasione mi pare simbolicamente adatta, a significare che anche ora che gli anni stanno piano piano cominciando ad accumularsi, non mancheranno e non dovranno mancare in futuro nuove cose da imparare, nuove avventure, nuovi mondi in cui tuffarsi.