Il blogghetto dello zio _dave_

Jatevenne

Portachiavi

Dice il saggio che non riusciamo ad apprezzare ciò che abbiamo finché non lo perdiamo. Un’amara verità.

In questo caso, però, non è andata così. Noi del nostro appartamento di Muswell Hill siamo sempre stati estremamente e vocalmente contenti.

È vero: inizialmente, com’è normale, eravamo molto attenti a non cantare vittoria troppo presto, nella paura di scoprire da un momento all’altro qualche enorme magagna. Col tempo, però, visto che le magagne non spuntavano fuori, abbiamo dovuto semplicemente constatare che eravamo stati molto fortunati.

Non esagero molto se dico che non passava giorno senza che ci dicessimo soddisfatti della nostra sistemazione. Nell’appartamento tutto era nuovo di zecca. La zona era molto carina e aveva tutto quello che ci serviva a portata di mano. C’era la lavastoviglie. I padroni di casa erano impeccabili. La palestra sotto casa. Gli scoiattoli che si rincorrevano sull’albero che vedevamo dalla camera da letto. And so on and so on.

Trentadue

Poi, un giorno, ricevo una telefonata dal padrone di casa. Ci metto un po’ a capire cosa vuole dirmi. In soldoni, per motivi che non sto a spiegare qui, mi dice che deve vendere la casa al più presto. Questo significa che a fine Settembre non potrà rinnovarci il contratto.

Il cosiddetto fulmine a ciel sereno.

Quando sono tornato a casa non avevo il coraggio di dirlo ad Elisa. Non sapevo da dove cominciare. Abbiamo negato la notizia (“avremo capito bene?”), ci siamo arrabbiati (“perché proprio a noi?”), abbiamo coltivato vane speranze (“forse il nuovo padrone ci lascerà stare qui?”), ci siamo depressi (“non troveremo mai un’altra casa come questa!”), ma alla fine siamo dovuti scendere a patti con la realtà.

E quindi, quando meno ce l’aspettavamo, ci siamo dovuti rituffare nel mercato immobiliare londinese. Dove saremmo finiti questa volta?

(continua)