Una donna ne spoglia un’altra, un indumento per volta. Prima il giacchetto, poi gli stivali. Poi è la volta della cintura. Alla fine la avvicina a sé e comincia a toccarla. Prima le braccia, poi il busto, poi anche le gambe.
Scene tratte da un film osé? No, ordinaria amministrazione al controllo sicurezza. Ma c’è anche chi ha piacere ad assistervi, dopo mezz’ora di fila in piedi.
Per qualche motivo che non mi è del tutto chiaro, la composizione degli aerei tende a polarizzarsi: i passeggeri o sono quasi tutti italiani o quasi tutti inglesi. Del primo caso è facile accorgersi appena arrivati al gate, per la quantità e le dimensioni degli occhiali da sole presenti, entrambe abnormi. Anche il clima da gita scolastica dice qualcosa.
Per i meno attenti basta attendere l’atterraggio: se il numero di italiani presenti supera una certa soglia critica, parte l’applauso scrosciante per il pilota.
La Ryanair non assegna i posti a sedere ma chi fa il check in online entra nell’aereo col primo gruppo. È facile allora ottenere un posto con le giuste caratteristiche — nel mio caso un posto lato finestrino davanti all’ala che altrimenti para la visuale.
Però il rischio è alto: chi si siederà accanto a te? La terribile famiglia col bambino? La coppia chiacchierona? Il gruppo di italiani chiassosi non lo temo tanto perché si mettono in fondo come si faceva a scuola.
L’ideale è trovare un posto libero contornato da persone che stanno già leggendo. Leggermente più rischioso è scegliere la fila che ha già il posto lato corridoio occupato: con un po’ di fortuna non si siederà nessuno in mezzo e poi, anche se dovesse accadere, sarà probabilmente un viaggiatore solitario.
Una volta ci si è piazzato una specie di culturista: ho dovuto fare tutto il viaggio storto. Battaglia persa… ma la guerra continua!